Una rete di radiotelescopi ha fotografato la prima immagine dei dintorni di un buco nero. La scoperta è di fondamentale importanza perché rappresenta la prima prova visiva dell’esistenza di buchi neri ,fino ad ora soltanto ipotizzati , e mostra in maniera tangibile come la gravità piega lo spazio-tempo in accordo con la relatività di Einstein.
Il progetto internazionale Event Horizon Telescope ( EHT), a cui partecipano i ricercatori dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e dell’INAF ( Istituto Nazionale di Astrofisica) coinvolge una rete di radiotelescopi posizionati in diversi luoghi della Terra che, sfruttando la tecnica della Very Long Baseline Interferometry (VLBI), scrutando il cielo in maniera sincronizzata vanno a comporre un unico radiotelescopio ad alta sensibilità e risoluzione angolare.
L’immagine divulgata oggi e definita come la foto del secolo mostra un buco nero di circa 6,5 miliardi di masse solari denominato M87 che si trova al centro dell’omonima galassia ellittica supergigante Messier87 a 55 milioni di anni luce da noi ,nella costellazione della Vergine.
L’esistenza dei buchi neri fu dedotta dalla soluzione delle equazioni della Teoria della Relatività Generale di Einstein pubblicata per la prima volta dal fisico tedesco Karl Schwarzschild nel 1916. Il termine “buco nero” fu poi reso popolare dal fisico statunitense John Archibald Wheeler negli anni ’60
Esistono diversi tipi di buchi neri classificati a seconda delle loro dimensioni. In particolare ci sono:
1) i buchi neri stellari (come Cygnus X-1) . Essi hanno massa di una decina di volte il Sole e si formano quando una stella di grandi dimensioni al termine della sua vita esplode generando una supernova .Al centro resta un buco nero;
2) i buchi neri giganti al centro delle galassie, come Sagittarius A (per la Via Lattea) e M87 (per la galassia M87);
3) i buchi neri intermedi, di 30-60 masse solari, scoperti recentemente dagli osservatori di onde gravitazionali la cui origine non è stata ancora del tutto chiarita;
4) gli ipotetici buchi neri primordiali: buchi neri microscopici che, secondo alcune teorie, si sarebbero formati nelle prime fasi del Big Bang, e che potrebbero spiegare in parte il mistero della materia oscura dell’universo.
I buchi neri sono corpi celesti con una forza di attrazione gravitazionale tale da attrarre qualunque cosa si trovi entro il limite denominato “orizzonte degli eventi “ , perfino la luce . Per questo motivo appaiono come delle sfere nere e sono così difficili da osservare .
Le uniche osservazioni dirette sono in effetti quelle basate sulle onde gravitazionali LIGO (negli Usa) e Virgo (in Italia) , dalle quali è possibile “ascoltare” solo gli eventi più estremi.
Con la tecnologia tradizionale sensibile alle onde elettromagnetiche come la luce è possibile invece osservare la radiazione emessa dalla materia che viene inghiottita da un buco nero. Generalmente essa forma un vortice composto da polveri e gas che si avvolgono a spirale precipitando verso il centro del buco nero. Per effetto della forza di marea la materia si riscalda emettendo radiazioni ultraviolette e raggi x .
Nei pressi dell’orizzonte degli eventi, però, lo spazio e il tempo sono distorti dalla gravità del buco nero a tal punto che la radiazione emessa dalla materia incandescente viene “stirata” e cambia natura: la sua lunghezza d’onda aumenta e l’energia diminuisce. Gli UV e i raggi X si trasformano in onde radio. Per questo, per osservare i contorni del buco nero, è necessario usare i radiotelescopi.
L’immagine è importante perché mostra l’effetto noto come “lente gravitazionale”. I contorni del buco nero sono deformati dalla gravità secondo i principi della relatività generale e risultano influenzati dalla rotazione del buco nero e dalla sua eventuale carica elettrica.
Il prossimo obiettivo di Event Horizon Telescope sarà studiare il buco nero supermassivo Sagittarius A* al centro della Via Lattea .